Fino all’Osso di Marti Noxon
To the Bone, questo il titolo originario del film drammatico prodotto da Netflix e firmato dalla nota sceneggiatrice Marti Noxon, cimentatasi nella regia per la prima volta.
La Noxon racconta le vicende della ventenne Ellen (Lily Collins), affrontando un tema tanto importante quanto delicato: l’anoressia.
Questa giovane ragazza ha un carattere esuberante, entra ed esce da percorsi di recupero senza però trovare mai il percorso di riabilitazione adatto. Probabilmente l’anoressia è anche figlia di una situazione familiare complicata: il padre è quasi assente dalla vita della propria figlia, a causa del troppo lavoro per mantenere l’ex moglie e la nuova fiamma, Susan. È proprio con la matrigna (Carrie Preston) che Ellen instaurerà un rapporto d’amicizia e di stima, così forte a tal punto che rifiuterà di trasferirsi a Phoenix dalla madre (che invece pare cieca di fronte alle condizioni disastrose della giovane).
Lo spettatore viene reso partecipe della gravità del problema dell’anoressia nella scena che vede protagoniste Susan e Ellen, durante la misurazione del peso di quest’ultima. La sequenza assume toni drammatici, evidenziati dalla regista con le scuse montate della ragazza per giustificare il suo sottopeso: «Ho avuto il raffreddore», «Non è che questa bilancia non funziona?». Tastando, oltremodo, le preoccupazioni dell’amata matrigna: «Lo vedi che aspetto hai? Credi sia bello?».
Susan decide allora di far seguire la figlioccia da uno specialista, il dottor William Beckham (Keanu Reeves), in una casa di recupero. Dopo molte ombre, legate alla mancata voglia di mangiare, iniziano a vedersi le prime luci di un’insperata risalita. Il confronto con gli altri compagni la fa riflettere ed amplifica il problema della malattia. Dopo una timida accettazione dell’anoressia segue l’immediata negazione con la fuga dal complesso di recupero e dal sogno onirico che fa su sé stessa. Si vede nuda, inerme, sdraiata a terra e non si piace. Al risveglio decide di tornare nella casa di cura per provare a guarire seriamente.
Dal piglio intimista, Fino all’Osso ha la mano come l’impronta autobiografica della autrice, anch’essa con un’adolescenza segnata dai grandi sacrifici per uscire dal tunnel dell’anoressia. La regista si serve della recitazione magistrale di Lily Collins per mostrare il difficile cammino verso la guarigione ed evidenziare le difficoltà mentali. Tant’è, che l’intera pellicola sembra rispolverare la tesi delle 5 fasi dell’elaborazione del lutto descritte da Kübler-Ross nel 1970:
- Negazione/ rifiuto
- Rabbia
- Negoziazione
- Depressione
- Accettazione
Marti Noxon esclude la terza fase, ma le altre quattro fanno parte del percorso di crescita dello sfaccettato personaggio di Ellen. Senz’altro coraggioso nell’approccio quanto nel complesso gradevole, Fino all’Osso presenta però alcuni aspetti negativi che, a tratti, rischiano di farne deragliare il contenuto: su tutte la recitazione opaca di Keanu Reeves, silente o ridotto a sporadiche apparizioni per esigenze di copione, mai parte veramente attiva nella narrazione. Così come il finale un po’ sottotono, anche frettoloso, finisce per moncare il film sul più bello, con un taglio netto alla scena e senza le giuste sfumature.
FINO ALL’OSSO
Regia: Marti Noxon
Cast: Lily Collins, Keanu Reeves, Liana Liberato, Alanna Ubach, Carrie Preston
USA 2017