La storia della principessa splendente di Isao Takahata
Una minuta bambina nata da una pianta di bambù, che fugace matura e si evolve trasformandosi in una splendida giovane donna – amata quanto desiderata da tutti – eppure conscia che prima o poi, in una notte di luna piena, farà ritorno con dolore al suo regno celeste, assieme agli esseri divini che sono venuti a prenderla. Qual è mai stato il suo crimine? Perché una tale punizione?
È un ritorno alle origini quello del celebre Studio Ghibli, non solo per la favola tradizionale nipponica (tratta da Il Racconto di un Tagliabambù, noto in tutto il Sol Levante) qui ispirata più ai dipinti giapponesi che al disegno moderno, ma piuttosto nel riappropriarsi di un testo classico, tanto esplicito e dalle atmosfere sacre, per raccontare il legame che da sempre unisce l’uomo al pianeta Terra che lo abita. Come la storia di “gemma di Bambù” che riesce ad integrarsi con gioia e stupore ad un mondo bello però imperfetto, che non le appartiene e di cui intuisce ben presto gli spigolosi ‘confini’, allo stesso modo Isaho Takahata torna ai paesaggi montuosi di Heidi dove le sue eroine crescono nella libertà tra i boschi lussureggianti, di una natura titanica dal quale poi gli adulti le allontanano per farle vivere dentro città simili a prigioni.
Il sottile umorismo che il leggendario regista estrae dal tratto minimalista ridotto ai minimi caratteri, diviene così un velo di inquietudine passionale che il Giappone rurale acquisisce nella dimensione mitica e cara anche ad Hayao Miyazaki, su standard d’altre epoche retti da un registro epico e drammatico. Liberato da una forza cinetica mostruosa, che nel rapporto fra la Principessa Splendente e le storture della società degli uomini ritrova il tasto dolente, lirico, di un fil rouge d’amore-odio che solleva l’arte concettuale nel reame del cinema migliore. Un fiore di Loto dritto al cuore e lanciato verso un’umanità amabile, perché imperfetta.
Il maggiore realismo, contrapposto allo stile impressionistico della pellicola, genera un ventaglio di possibilità artistiche in grado di penetrare nelle viscere di questo straordinario anime design. L’immagine che Takahata lavora ad un livello leggerissimo, con pochissimi tratti e senza cercare la precisione, cresce con partecipazione tale da elargire un sentimento che non può lasciare indifferenti. Una fusione pittorica – quasi stilizzata nel movimento e capace di emozionanti sequenze d’antologia – che trova nella fluidità costante quella soluzione visiva tenue ma piena di sfumature, apparentemente fedele alla struttura della fiaba e su cui ricama il potere di coinvolgere ed incantare per dar vita al sogno animato.
È poi sugli sfondi naturali come i prati, gli insetti, le piante, gli specchi d’acqua, che i massimi talenti dell’animazione sono stati chiamati a dare il meglio, con strabilianti colori pastello a tratteggiare una valle incantata-terrena in vista di un futuro in terre e cieli lontani e più perfetti. Attraverso la brama di vivere della sua protagonista, La Storia della Principessa Splendente parla dell’importanza di imparare a convivere con quello che ci portiamo dentro (a scapito dei problemi e dolori da affrontare), dal cui contrasto emotivo si prolifica un fascino unico, intrigante, nonostante l’obiettiva lontananza del testo per un pubblico occidentale. E poco importa se l’approccio rigoroso possa far pendere la fruibilità del narrato su una fascia d’età più adulta, rispetto anche alla lunga durata dell’opera (136 minuti). Dinanzi alle ampie porzioni della poesia di Takahata, la meraviglia, lo stupore e la commozione vanno di pari passo fino alla clamorosa chiusa, quando le bellezze celebrate della Terra ci costringeranno a guardare dentro noi stessi, nel dare valore alla nostra felicità e condividerla con le persone amate. In attesa di un nuovo viaggio, su cui metter verdi radici.
La storia della principessa splendente
- Regia: Isao Takahata
- Cast: Ryûdô Uzaki, Tomoko Tabata, Tatsuya Nakadai
- Giappone 2013